I principi fondamentali di Privacy by Design
C’è un concetto che spesso ci dimentichiamo: la privacy non è un gendarme che ti mette le manette se sgarri (o almeno, non è solo quello). È soprattutto un set di linee guida che ti aiutano a progettare prodotti (e relazioni con chi li userà) in modo etico, lungimirante e — perché no — più brillante del solito.
Ecco i 7 principi di Privacy by Design, secondo la definizione classica di Ann Cavoukian, visti con la lente di chi fa (o coordina) UX.
1. Prevenire, non correggere
In pratica
- Proattivo significa che non aspetti di scoprire bug o falle di sicurezza dopo il lancio, ma pianifichi e testi fin dall’inizio per ridurre al minimo i rischi.
- Quante volte, in fase di release, si sente: “Ops, quasi dimenticavamo il banner dei cookie… lo mettiamo all’ultimo, dai!”? Ecco, è l’esatto opposto.
In ottica UX
- Research upfront: definisci fin da subito dove, come e perché chiederai i dati (focus group o interviste possono rivelare i momenti più critici).
- Design di onboarding: se sai che la tua app chiede informazioni “sensibili” (es. dati sanitari), meglio progettare un flusso di onboarding chiaro, con microcopy rassicuranti fin dal principio.
Esempio: se stai creando un modulo di registrazione, anziché aggiungere la parte sulla privacy all’ultima iterazione di design, integrala già nei primi wireframe: pensaci come se fosse la spina dorsale del form, non una checkbox posticcia.
2. Privacy by default
In pratica
- L’utente non deve fare i salti mortali per proteggere i propri dati: di base, tutto dev’essere conservativo. Tradotto: “Nessun tracking a meno che tu non dica esplicitamente di sì”.
- Evita gli opt-out nascosti, o i consensi impliciti. Quello è il mondo dei “dark pattern”, e noi preferiamo restarne alla larga.
In ottica UX