Se il primo capitolo ha disegnato la mappa del territorio legale, questo ci fornisce i principi architettonici per costruire su quel terreno. Non basta conoscere le regole del gioco; serve una filosofia progettuale che ci guidi nel creare prodotti non solo conformi, ma intrinsecamente rispettosi della privacy.
Questo è il cuore della Privacy by Design (PbD), un framework sviluppato da Ann Cavoukian, ex Commissaria per l'Informazione e la Privacy dell'Ontario. Non è una checklist da spuntare a fine progetto, ma un approccio strategico che integra la protezione dei dati nel DNA stesso del prodotto, fin dal primo istante.
Pensare "by Design" significa smettere di considerare la privacy come un "problema" da risolvere e iniziare a vederla come una qualità fondamentale del prodotto, al pari della usabilità, delle performance e dell'estetica. I sette principi che seguono non sono regole isolate, ma un sistema coerente di pensiero. Vediamoli uno per uno, traducendoli in azioni concrete per i team di prodotto.
Questo principio è un cambio di paradigma: la privacy non si gestisce dopo un problema, ma si progetta per evitare che il problema si verifichi. È la differenza tra installare un estintore e progettare un edificio con materiali ignifughi.
Un approccio reattivo aspetta la violazione dei dati (data breach) o la lamentela di un utente per correre ai ripari. A quel punto, il danno—in termini di fiducia e reputazione—è già fatto. Un approccio proattivo, invece, anticipa i rischi e li mitiga alla radice.
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Esempio
Stai progettando una nuova funzionalità che traccia la posizione GPS dell'utente durante la corsa.