Immagina di essere un regista che deve girare un film: la “privacy” è il tema portante, ma senza un’analisi reale di come si muovono e cosa desiderano gli utenti, rischi di girare un polpettone sconclusionato. Le metodologie di progettazione user-centric servono a capire davvero le persone (paure, aspettative, soglie di tolleranza), così da rendere la privacy un valore e non un peso.
Quando parliamo di User Research, spesso ci focalizziamo su bisogni funzionali, problemi di usabilità, aspettative del mercato. Ed è giusto così: l’obiettivo primario è comprendere cosa gli utenti vogliono davvero e come migliorarne l’esperienza. Tuttavia, in un contesto in cui la privacy diventa sempre più importante, può essere utile integrare anche alcune domande o esercizi che facciano emergere il livello di confort (o di fastidio) delle persone di fronte alla condivisione dei dati. Senza esagerare, né snaturare la ricerca.
Esempio: Se stai progettando un’app per gestire appuntamenti (es. medici o lavorativi), il tuo focus di ricerca è capire se l’utente trova la funzionalità utile. Però puoi inserire un paio di domande per capire se è a suo agio nel condividere la posizione geografica o la disponibilità oraria con altri.
A. Colloquio semi-strutturato
Esempio: Intervisti un potenziale utente dell’app di appuntamenti medici. Dopo aver compreso come prenota attualmente le visite, chiedi: “Saresti disposto a farci sapere la tua posizione (o i tuoi orari liberi) per trovare lo studio più vicino?” Ascolta la reazione: “Sì, se velocizza la ricerca” o “No, preferisco inserire i dati manualmente”.
B. “What if” scenario